La situazione non è seria. (Notizie dal fronte)

Ad un’analisi un po’ più attenta e laboriosa, fu evidente persino agli occhi del meno attento.
Appena ieri accadde e tutti pensammo ad una incomprensibile tragedia. L’indomani si ripresentò e allora capimmo che la disgrazia altro non era che il preludio ad una triste recita teatrale che concedeva le sue stantie repliche. Fu allora che l’angoscia si trasformò in altro. Ormai non vi era nulla da temere, perciò rimanemmo tranquilli e ci lasciammo sedurre dalla freddezza che, nonostante tutto, restava l’antidoto più efficace contro la passione civile, contro la dannosa voglia di partecipare, di esserci. Ci piacque l’idea di poter confondere la morbosa curiosità, tipica di una coiffeur di provincia, con una seria presa di coscienza collettiva. Capito il meccanismo, alla giusta occasione, ognuno poté riprendere il proprio abito di scena e tornare ad esibirsi allegramente sui palchi maleodoranti prontamente allestiti per la funerea occasione. Era uno show, era esibizione, finzione, commedia, era la nostra stagione di grandi tragedie e di occasioni sottaciute. Leggevano il giornale e, per avere conferme sui loro sospetti, accendevano la tv. Che fosse compagna del mattino, del pranzo, o della cena, forsanche dei loro silenzi, non potevano far altro che guardarla, quasi fossero inebetiti. Si informavano poco e male, ma sapeste che piacere provavano nel sentirsi protagonisti ignari, spettatori non paganti di questa sincera ipocrisia.

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Pioveva davvero tanto. Parlarono di maltempo, di piogge torrenziali, allagamenti, alluvioni, frane, disastri, stato di calamità, strade divelte, fiumi e torrenti traboccanti, incidenti, soccorsi molto difficili. Non si conosceva il numero esatto dei dispersi ed intanto i dispersi erano solo corpi esangui che attendevano il bagliore del giorno per riemergere da luoghi infausti. Ci fu una piccola scossa di terremoto nella provincia di Lacerata. Non si registrarono danni a cose, o persone. Poi una scossa più violenta e il tremore della terra fu avvertito dalla popolazione che, allarmata, scese per strada. Fortunatamente il sisma non causò danni agli edifici e neanche agli abitanti della zona interessata. La terra continuò a tremare, la fortuna si distrasse e nulla rimase, eccetto il ricordo, dei 27 bambini di San Giuliano di Puglia, degli studenti dell’Aquila, dei 938 cittadini di Eboli e di tanti altri. Tutti in scena. Lutto cittadino, lutto nazionale. Lo stato c’è. I telespettatori ci credettero. Il presidente della Repubblica è addolorato, il presidente del consiglio è crucciato. Il capo della protezione civile è preoccupato. Il governo riferisca alla camera, occorre rivalutare l’impatto ambientale di queste opere faraoniche. All’opposizione chiediamo di non polemizzare, si rifletta su tragedie di simili entità. Questi sono i risultati di una politica urbanistica scellerata che fa esclusivamente gli interessi dei grandi gruppi del cemento. Lo stato non ci abbandoni. L’abusivismo edilizio andrà combattuto dopo che avremo approvato l’ennesimo condono. Noi non metteremo alcun freno alla speculazione edilizia che porta crescita e sviluppo, a patto che la lobby edilizia non sghignazzi, almeno oggi. Processi, polemiche, interviste, indagini approfondite per scovare l’inafferrabile evidenza. Gli studi idrogeologici avevano dimostrato che vi era un concreto rischio di inondazione, esondazione, disastri e macerie. Quando la natura s’arrabbia, c’è poco da fare. Questo è il toccante commento dei vincitori degli appalti per la ricostruzione delle zone terremotate;

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La partita di calcio, lo stadio, il tifo e la grande serata di sport. La tensione alle stelle, la partita valeva un’intera stagione. Dunque, era tutto giustificabile e la guerra di sport ebbe inizio. Tafferugli prima del match. Una vera e propria battaglia tra le forze dell’ordine e gli ultras. Tafferugli durante il match. Partirono dei “buu” verso il giocatore di colore. Lo speaker dello stadio, con forte senso di appartenenza alla squadra di casa, invitò i presenti, gli eruditi e le bestie, a non esternare la propria becera evoluzione per evitare squalifiche e multe alla società amica. Petardi, bombe, motorini svolazzanti. Parlarono di incidenti dopo il match. Scazzottate, aggressioni premeditate, coltelli. L’uomo in divisa fu ferito, il tifoso trasportato urgentemente all’ospedale. Tragedia allo stadio “Massimino” di Catania. L’ispettore capo Raciti è morto. Come morto? Si muore, può succedere. Com’era successo anche al tifoso genoano, Spagnolo, 12 anni prima. Andare allo stadio sapendo che potrebbe essere l’ultima follia di una vita tranquilla. Cosa c’è di stano? Tutti in scena. Stop ai campionati, a tempo indeterminato, per due mesi, per alcune settimane, almeno questa domenica. Misure urgenti per l’ordine pubblico. Misure eccezionali, drastiche. No alle misure repressive. Le leggi ci sono, applichiamole. Le leggi non ci sono. Pacchetto sicurezza. I morti del sistema calcistico fanno parte del movimento, lo spettacolo non può fermarsi, ma il calcio rifletta. Tolleranza zero, sbagliato generalizzare. Stadi a norma. Daspo preventivo, biglietti nominali, porte chiuse, porte aperte, curve chiuse, tribune aperte. Club colpevoli, assurdo coinvolgere i club. Nascerà un osservatorio sulla comunicazione sportiva. 10,100,1000 Raciti. Applausi al feretro. Riportiamo gli stadi a misura di famiglie e bambini. Si introduca la figura professionale del “mediatore di curva”. Lo stato si faccia sentire. I telespettatori avvertirono i primi sintomi. Non si può fare un’azione di contrasto seria a questo fenomeno di criminalità, se poi questo stesso fenomeno di criminalità viene apertamente fomentato anche attraverso i media. Il governo riferisca alla camera. Il presidente della Repubblica è addolorato, il presidente del consiglio è crucciato. Processi, polemiche, interviste, indagini approfondite per scovare l’inafferrabile evidenza;

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Un barcone, la speranza, la guerra, la fame, la libertà, l’illusione, la vita sognata e quella abbandonata. La morte prima della salvezza. Sudici, puzzolenti, criminali già prima di toccare terra, angeli, mamme e bambini, padri di buona volontà, laureati, impenitenti assassini disposti a tutto. Si aggrava di ora in ora il bilancio del naufragio del barcone avvenuto stamane a Lampedusa. Un centinaio di corpi individuati sotto lo scafo. Ancora tragedie dell’immigrazione, ancora barconi carichi di disperati che si schiantano sulle nostre coste provocando decine di morti e dispersi. Un barcone si è spezzato su una spiaggia del nostro paese e un gommone è naufragato. Il bilancio è spaventoso e purtroppo, ancora provvisorio. Un’imbarcazione piena di profughi in fuga dai rispettivi paesi di origine, dopo estenuanti giorni di viaggio, si trova in mezzo al mare, a qualche chilometro dalla salvezza. Sono esausti, affamati, fisicamente distrutti dal lungo e pericoloso viaggio della speranza. Fermi, in mezzo al mare, non sanno come raggiungere la riva, come approdare a Lampedusa. Per rendersi visibili richiamare l’attenzione e ricevere soccorso, in un gesto disperato, innescano un incendio a bordo. La “luce” attirerà i soccorritori. Un istante, il natante prende fuoco, facendo sprofondare nel baratro gli sventurati. Si gettano in mare, si ritrovano in mare. Molti non sanno neppure nuotare. Il fondale marino diventa padrone assoluto di corpi innocenti, di un uomo, un padre, di una madre coi suoi figli, di chi era pronto a nascere. Chiedevano un’esistenza dignitosa, con quale diritto poi. L’isola diventata un cimitero in mezzo al mare. Altre persone, o più semplicemente altri numeri che tentavano di raggiungere l’Italia dalla Libia su un gommone sono morte, per disidratazione, nei giorni scorsi. Disidratazione, noi non sappiamo nemmeno cosa sia. È un notiziario di guerra. Fino ad ora sono stati recuperati 47… 78… 150… 359 cadaveri. Le fanno passare come cifre, semplici numeri asettici, vuoti, freddi, usati come a voler candeggiare i nostri sensi di colpa. Di fronte all’emergenza, occorre intervenire. Come? Come farebbero gli italiani, come prevede il governo. E quale governo? Quello senza colori di un paese in crisi occupazionale, di un paese in perpetua crisi d’identità, oppure un governo xenofobo, intriso di faciloneria e incapacità, presieduto da acclamati giullari che, con la solennità tipica dei mattacchioni, promettano di trasformare Lampedusa, creare dei casinò e dei campi da golf sull’isola. Mancando un’alata visione, un nobile ideale al quale ispirarsi, il momento è propizio per concentrarsi sul brusio. I centri di identificazione ed espulsione, i centri di segregazione, il partito dell’amore, l’odio razziale, l’ambiguità, l’ipocrisia, la retromarcia a fini elettorali. Il governo riferisca al senato. Lo stato alzi la voce. I telespettatori sono in preda alla nausea e al vomito. Sgomberiamo l’isola, ripuliamola. Il presidente della Repubblica è addolorato, il presidente del consiglio è mortificato. L’accoglienza indiscriminata, ma sono troppi e il lavoro langue. Prima i nostri, poi loro. Gli aiuti internazionali, gli accordi bilaterali con dittatori sanguinari, la guerra preventiva, la guerra per ragioni umanitarie, il fallimento della politica comunitaria, il sostegno dell’unione europea, l’indifferenza dei paesi amici. L’opinione pubblica. La legge sugli immigrati, il pacchetto sicurezza. Tutti criminali, tutti violentatori, sono sporchi e rubano. Il clandestino è maledettamente colpevole, spariamolo prima che tocchi terra. Colpevole di cosa? Di essere clandestino. E l’evasore? L’evasore è un perseguitato politico. Punti di vista. Ancora nausea e vomito. Troppo buonismo, pericoloso pacifismo. Non c’è spazio per tutti, Sacco e Vanzetti, le miniere di carbone in Belgio, la tragedia di Marcinelle, la memoria perduta, l’umanità accantonata per ragioni di pil. Questo cieco sentimentalismo può trasformarsi in un boomerang. Cioè? Non lo so, tutti sul palco. Bestie da rispedire nei luoghi natii. Che restino pure, a patto che puliscano il culo al nonno incontinente. Processi, polemiche, interviste, indagini approfondite per scovare l’inafferrabile evidenza;

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Sale il numero dei militari italiani morti in Afghanistan nel corso della missione internazionale Isaf, operativa dal 2004: il soldato è morto a causa di un ordigno lanciato nel suo Lince da un “elemento ostile”. Il caso precedente aveva riguardato il carabiniere scelto, deceduto nel centro addestrativo di Adraskan, dopo essere stato colpito da un razzo. Il tenente colonnello dei carabinieri, intervenuto per difendere una donna americana, era stato ucciso a colpi d’arma da fuoco mentre si trovava in una località della Valle del Panshir. Il caporal maggiore scelto era morto in seguito alle ferite per i colpi d’arma da fuoco esplosi da un presunto appartenente ad un gruppo ribelle. Prima di lui, erano morti quattro alpini vittime di un’imboscata. Un militare muore, si sarebbe suicidato a Kabul, sparandosi un colpo di arma da fuoco all’interno del suo ufficio. Sei militari muoiono in un attentato suicida a Kabul, rivendicato dai talebani. Il maresciallo dell’Aeronautica muore per arresto cardiocircolatorio. Muore in un attentato suicida nei pressi di Kabul il maresciallo capo. L’attentato avviene a una sessantina di chilometri da Kabul, mentre i militari italiani sono impegnati in attività di distribuzione di viveri e vestiario alla popolazione della zona. I due soldati si trovavano a bordo di due veicoli blindati, a sud-est della capitale afghana, quando sono stati investiti dall’esplosione. Il ministro della difesa annuncia che l’operazione in Afghanistan deve essere rifinanziata alla fine del mese. Chiederemo al parlamento la fiducia che ha sempre dimostrato a ranghi compatti. Tra un anno restituiremo la piena sovranità agli afgani che avranno il compito di fermare quel fattore che ha portato alla destabilizzazione in tutto il mondo. Il governo riferisca al senato. Non ho dubbi che il parlamento sappia riflettere sulla morte di un uomo. Appresa la notizia, il presidente della Repubblica ha espresso commozione per la morte del militare e sentimenti di solidale partecipazione al dolore dei familiari del caduto. Il presidente del consiglio rivolge sincere condoglianze ai familiari della vittima e vicinanza ai feriti e ai loro congiunti. Nessuno osi strumentalizzare simili tragedie. Di fronte a questo dolore e ad un sacrificio così lancinante, non possiamo che stringerci ancora di più attorno a loro e a quanti ogni giorno servono con dedizione il nostro Paese. Quale paese? Ricominci con queste domande. Piangiamo il nostro bersagliere ucciso vigliaccamente, dichiara la ministra, sottolineando che la vita di un soldato italiano vale molto più di quella terra. Gli attacchi di nausea e vomito si fanno sempre più violenti. Continuiamo a pagare un pesante tributo a costruire la stabilizzazione di quell’area. Auspichiamo che tutto il mondo politico e istituzionale si raccolga intorno alle Forze Armate italiane, confermando il pieno sostegno al loro impegno nelle aree di crisi ed in particolare all’opera encomiabile che prestano al servizio del nostro Paese nella cruciale fase di transizione istituzionale, stabilizzazione e pacificazione in quelle aree. Ora è tutto più chiaro. Non possiamo scappare, questa missione è fondamentale. Per chi, per cosa?. L’impegno per la democrazia, la libertà e la lotta contro il terrorismo assassino devono proseguire. Questo è il momento del silenzio, della condivisione del dolore e della solidarietà con le famiglie delle vittime e con tutti i nostri soldati, ma presto deve venire anche il momento della responsabilità e della riflessione politica con un serio confronto in Parlamento sulle ragioni e le modalità della nostra presenza in Afghanistan.

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Finalmente spensero la tv.

La “fuga dalla politica”, come viene definita dall’elite dirigenziale e politica, può essere un segno che rivela la crescente riluttanza delle persone a partecipare al sistema politico nelle vesti di consumatori di spettacoli prefabbricati. Può non denotare affatto, in altre parole, un ritiro dalla politica, ma annunciare le fasi iniziali di una rivolta politica generale. Noi, italiani brava gente, siamo ancora molto lontani da quanto affermava il sociologo Christopher Lasch, nel 1979. Forse troppo legati a quel ritratto impietoso che, del nostro paese, faceva il grande Ennio Flaiano, il quale asseriva: “in Italia, la situazione politica è grave, ma non è seria”.