Palagianello: i luoghi del mito\Parte 1

Storie del Sud: Palagianello e il mito.

Palagianello by night

Ritengo che le radici del Sud si perdano nelle periferie, nella provincia, nei paesini, nei territori poco accessibili. Sono i posti che resistono. Dove le campagne di omologazione e conformismo arrivano con più ritardo e meno efficacia. Nei grossi centri, nelle città, è più semplice piazzarvi un centro commerciale, modificare le abitudini storiche, sostituire le botteghe degli artigiani con un grande grosso magazzino IKEA. È più semplice imporvi un nuovo modello di vita, tagliare una cinquantina di alberi nell’indifferenza. Espropriare dei terreni per un nuovo cavalcavia. Una tangenziale, una rotonda.

Perché nelle città trovi mille pasticcerie, gastronomie, negozi, bistrot, sushi-bar, fast food e nel frattempo perdi ricette, manualità, sapori unici; orecchiette che si perdono per strada.
Che le cose quando le fai per te, in piccola quantità, senza doverci aggiungere un guadagno, sono più buone. Ammettiamolo!

Perché nelle città trovi le vaschette di salumi belle e pronte e non scambi nemmeno due chiacchiere con il salumiere. Prendi la frutta dai cestoni anonimi, con etichette sintetiche che ti garantiscono cosa? E il fruttivendolo del paese, può fregarti anche lui, ma almeno sai con chi prendertela, se la frutta fa schifo.

Perché ci sono meno guardiani, perché sono più distratti, più confusi dalle luci mirabolanti del capitalismo. Nella massa ci si nasconde, ci si uniforma, non ci si indegna, tanto non lo sa nessuno, ci si assopisce. Ci si può sempre giustificare.

Nei paesi non puoi dire “non ne sapevo niente”. Ci si conosce, si sa tutto, di tutti. O quasi. Quell’odioso (?) chiacchiericcio.

Se ci pensate bene è l’esigenza di controllo delle masse che spinge verso l’abbandono dei paesi, delle campagne. Tacciate di arretratezza, di antiquariato, di pochezza.
Ma quanto é bello l’antiquariato? Prendete il mobile di mio nonno: solido, bello, massiccio, unico. Resiste lì da quasi 100 anni. Non è progettato per auto-disintegrarsi dopo un quinquennio (se va bene!).

Perché le città non hanno storia – se non quella recentissima – non hanno storie affascinanti da raccontare. Le storie dei centri storici, a volte meno estesi di grossi borghi, in fin dei conti, non sono paragonabili a quelle di ogni paese?

La differenza importantissima tra comunità e società.
Tra la forma e la sostanza.
Tra la storia e la ricchezza.
Tra i rapporti umani e le infrastrutture.
Tra un palazzone e una masseria.

E così vi racconto delle storie che aleggiano su Palagianello.
Si proprio Palagianello, quel paese in … al mondo.
Per una paronamica seguite il link (-> )

Storie di paese e di focolari, sussurrate. Che sanno tutti, o quasi. Che si perdono nei tempi, che non si sa bene se siano vere, se siano leggende o racconti. Il mito, dunque.

Cave, tufo e territorio.

Nessuno ci fa caso, ma Palagianello sorge tra le cave. È circondato da cave. A nord, a est e a sud. A ovest c’è la gravina.
E dunque un po’ di Palagianello è in tutti quei posti dove quei tufi sono stati trasportati. Nei muretti, nelle masserie, nelle case antiche. Interi paesi costruiti con pezzi di Palagianello.

E ancora prima in quella roccia tufacea sono sorte grotte, cripte, chiese, rifugi, eremi. Costruzioni ottenuto non aggiungendo ma sottraendo, scavando. Ho visionato locali enormi ricavati a mano con scalpello e martello. Segni inconfondibili di vite passate con enorme maestria a creare volte, colonne, tunnel, nicchie. Gli artisti del tufo. Gli scalpellini, come il mio bis-nonno.

Lo stesso tufo che ha intrappolato resti della nostra preistoria. Conchiglie fossili incastonate sulle pareti che saltano fuori man mano che l’erosione inesorabile “lava” la roccia tufacea.

Lo stesso tufo testimone della storia di Palagianello.

Fossile nel tufo

Degli insediamenti neolitici.
Dei villaggi ipogei. Dei frantoi ipogei.
Dei villaggi – grotte guidati dai monaci di rito basiliano fuggiti da Oriente.
Delle fortezze – masseria.
Dei castelli normanni.
Di rifugi dall’ingiustizia e dall’oppressore; del brigante Pasquale Trisolini di Palagianello. ()

Il santuario nella roccia: la Madonna delle Grazie.

E’ del 1670 la notizia ( “Relatio ad limina” di Mons. Luigi della Quadra) della prima confraternita di Palagianello devota alla Madonna delle Grazie, eletta Patrona dell’’antico borgo arroccato intorno al castello e che possedeva un enorme, per l’epoca, patrimonio costituito da 800 capi di bestiame.

La cappella di S.Maria delle Grazie nel 1885 a seguito di un terremoto subì notevoli danni. Restò intatto solo l’altare maggiore. Tra il 1885 e il 1898 la facciata del Santuario mariano venne ricostruita. Ma le abbondanti pioggie del 25 dicembre 1972 provocarono il crollo della cappella.

Si trattò di un crollo annunciato in quanto già da tempo la Cappella era in disuso in quanto dal 1957 l’allora sindaco Pavone Zaccaria, osteggiato dall’arciprete parroco Giuseppe Buttiglione, ne ordinò la chiusura dell’accesso dalla via Antico Santuario per pericolo caduta massi.

Successivamente il sindaco Antonio Carucci concesse alla ditta Legrottaglie di Mottola la licenza di aprirne una cava di tufi. Poi il crollo la notte di Natale del 1972.

Da allora la popolazione ne invocava la ricostruzione, e numerose sono state le veglie e le preghiere sulle macerie della Cappella raggiunta attraversando il burrone e risalendo dall’altra sponda. Tutti i Palagianellesi si impegnarono, qualora necessario, a portare ognuno un tufo sulla spalla per ricostruirla.

La Cappella fu ricostruita e inaugurata il 22 dicembre 2001. Al suo interno, come uno scrigno, è contenuto il masso a memoria del crollo.

Santuario nella roccia

Una delle leggende più belle riguardanti l’effige della Madonna delle grazie Secondo la tradizione popolare, i castellanetani invidiavano i palagianellesi per la bella immagine e perciò tentarono di rubarla. Vennero in diversi se si tiene conto che, per non essere sorpresi, attraversarono i sentieri della Gravina di Palagianelloe se la portarono via ripercorrendo lo stesso cammino. Giunti nei pressi della Pineta, al di là del burrone, di fronte proprio al Santuario, si riposarono. Troppa fatica era costata loro trafugar l’immagine per gli impervi sentieri! Riprese le forze, cercarono di sollevarla per portarsela ma, con sommo stupore, si accorsero di non farcela. Ogni sforzo ed ogni espediente furono inutili. Dovettero, quindi, tornarsene a Castellaneta, a mani vuote. Intanto la Madonna, sempre secondo la tradizione, era andata in sogno al priore della sua Congregazione (la Confraternita Maria SS. Delle Grazie venne fondata ed approvata in Napoli
con Decreto del 30 maggio 1824) e gli aveva svelato l’accaduto. Questi immediatamente si levò e si diresse al Santuario. L’immagine della Madonna, in effetti, non c’era più. Andò allora casa per casa, benché fosse notte fonda, a svegliare tutti i confratelli i quali, con estrema facilità, riportarono la sacra effige al suo naturale sito. Fu questa circostanza, dunque, a spingere alla veglia i confratelli della Congregazione della Madonna delle Grazie, in seguito imitati da altri fedeli.

TO BE CONTINUED…

Neve a Palagianello

Neve a Palagianello

FONTI:

Jé belle lu paise mije…!
Palagianello e le sue cripte (note storiche ed archeologiche).
Palagianello e i suoi luoghi di culto. Dalle cripte alle chiese del Duemila.