Music Sud: Don Raffaè (Fabrizio De Andrè)

Don Raffaè

Io mi chiamo Pasquale Cafiero
e son brigadiere del carcere oinè
io mi chiamo Cafiero Pasquale
sto a PoggioReale dal ’53

 

e al centesimo catenaccio
alla sera mi sento uno straccio
per fortuna che al braccio speciale
c’è un uomo geniale che parla co’ me

Tutto il giorno con quattro infamoni
briganti, papponi, cornuti e lacchè
tutte l’ore cò ‘sta fetenzia
che sputa minaccia e s’à piglia cò me

ma alla fine m’assetto papale
mi sbottono e mi leggo ‘o giornale
mi consiglio con don Raffae’
mi spiega che penso e bevimm’ò cafè

Ah che bell’ò cafè
pure in carcere ‘o sanno fa
co’ à ricetta ch’à Ciccirinella
compagno di cella
ci ha dato mammà

Prima pagina venti notizie
ventuno ingiustizie e lo Stato che fa
si costerna, s’indigna, s’impegna
poi getta la spugna con gran dignità
mi scervello e mi asciugo la fronte
per fortuna c’è chi mi risponde
a quell’uomo sceltissimo immenso
io chiedo consenso a don Raffaè

Un galantuomo che tiene sei figli
ha chiesto una casa e ci danno consigli
mentre ‘o assessore che Dio lo perdoni
‘ndrento a ‘e roullotte ci tiene i visoni
voi vi basta una mossa una voce
c’ha ‘sto Cristo ci levano ‘a croce
con rispetto s’è fatto le tre
volite ‘a spremuta o volite ‘o cafè

Ah che bell’ò cafè
pure in carcere ‘o sanno fa
co’ à ricetta ch’à Ciccirinella
compagno di cella
ci ha dato mammà

Ah che bell’ò cafè
pure in carcere ‘o sanno fa
co’ à ricetta ch’à Ciccirinella
compagno di cella
precisomammà

Qui ci stà l’inflazione, la svalutazione
e la borsa ce l’ha chi ce l’ha
io non tengo compendio che chillo stipendio
e un ambo se sogno ‘a papà
aggiungete mia figlia Innocenza
vuo’ marito non tiene pazienza
non chiedo la grazia pe’ me
vi faccio la barba o la fate da sé

Voi tenete un cappotto cammello
che al maxi processo eravate ‘o chiù bello
un vestito gessato marrone
così ci è sembrato alla televisione
pe’ ‘ste nozze vi prego Eccellenza
mi prestasse pe’ fare presenza
io già tengo le scarpe e ‘o gillè
gradite ‘o Campari o volite ‘o cafè

Ah che bell’ò cafè
pure in carcere ‘o sanno fa
co’ à ricetta ch’à Ciccirinella
compagno di cella
ci ha dato mammà

Ah che bell’ò cafè
pure in carcere ‘o sanno fa
co’ à ricetta ch’à Ciccirinella
compagno di cella
preciso mammà

Qui non c’è più decoro le carceri d’oro
ma chi l’ha mi viste chissà
chiste so’ fatiscienti pe’ chisto i fetienti
se tengono l’immunità

don Raffaè voi politicamente
io ve lo giuro sarebbe ‘no santo
ma ‘ca dinto voi state a pagà
e fora chiss’atre se stanno a spassà

A proposito tengo ‘no frate
che da quindici anni sta disoccupato
chill’ha fatto quaranta concorsi
novanta domande e duecento ricorsi
voi che date conforto e lavoro
Eminenza vi bacio v’imploro
chillo duorme co’ mamma e co’ me
che crema d’Arabia ch’è chisto caffè

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caffe

Don Raffaè nasce dalla collaborazione di Fabrizio De André con Massimo Bubola per la stesura del testo, e con Mauro Pagani per la scrittura della musica. L’uso del dialetto non è comunque inusuale per lo stile dell’artista, in quanto appartenente al periodo della svolta world del cantautore.

La canzone è una denuncia della critica situazione delle carceri italiane negli anni ottanta, e della sottomissione dello Stato al potere delle organizzazioni malavitose.

Nel brano si narra infatti di Pasquale Cafiero, ipotetico brigadiere di Polizia Penitenziaria del carcere di Poggioreale ormai sottomesso e corrotto da un boss camorrista in galera, il “Don Raffaè” del titolo, per il quale la guardia, oltre a ingraziarlo con numerosi complimenti, si mette a disposizione attraverso diversi tipi di accudimenti (fargli la barba ad esempio) e offrendogli ripetutamente un caffè esaltandone la bontà. Viene evidenziata la condizione di vita agiata all’interno del carcere dello stesso boss. Il brigadiere ha come unica speranza di miglioramento della propria condizione, quella di chiedere intercessione al boss per trovare lavoro o una casa al fratello disoccupato, per ottenere giustizia, ma anche per avere in prestito un cappotto elegante di cammello da sfoggiare ad un matrimonio.

Secondo le parole dello stesso De André, «la canzone alludeva a Don Raffaele Cutolo» famoso boss camorrista e fondatore della Nuova Camorra Organizzata, sebbene né lo stesso De André né il coautore Massimo Bubola disponessero «di notizie di prima mano sulla sua detenzione». Anche lo stesso Cutolo pensò a una dedica alla sua persona e scrisse al cantautore genovese per chiedergli se “don Raffaè” fosse effettivamente lui e per complimentarsi, meravigliandosi inoltre di come De André fosse riuscito a cogliere alcuni aspetti della personalità e della sua vita carceraria, senza avere a disposizione informazioni dettagliate. De André rispose alla lettera di Cutolo per ringraziarlo, ma evitò di continuare il carteggio con il boss, e lasciandolo libero di pensare che la canzone fosse dedicata a lui o meno.

Il ritornello della canzone è ripreso chiaramente dal brano O ccafè di Domenico Modugno.

Una incisione del brano è stata realizzata in coppia con Roberto Murolo, ed una esecuzione è stata cantata dai due in occasione del Concerto del Primo Maggio del 1992.
(Wikipedia)