Buon sangue non mente. N.1: Onora gli antenati.

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Di chi è il sangue che scorre nelle nostre vene/arterie? Quanto questo influenza i nostri comportamenti? Quante potenzialità, quante abilità e quante personalità si nascondono nella molecola di DNA presente in ogni singola cellula del nostro corpo.

Ok, partiamo dall’inizio. Più o meno tutti sappiamo che dal momento del concepimento riceviamo metà patrimonio genico da un genitore e metà dall’altro.

Non tutti sanno che “solo il 3% del DNA viene trascritto e dà quindi origine alle proteine e ai caratteri fisici propri dell’organismo umano considerato. Il restante 97% della molecola non codifica nulla e rimane silente. Il genoma della maggior parte della molecola non viene trascritto in RNA ed è quindi privo di funzione, pertanto esso viene chiamato DNA spazzatura o junk DNA.”

Gli ultimi studi dimostrano che non è proprio DNA spazzatura.

La chiamano epigenetica, ovvero tutte quelle espressioni del fenotipo – ovvero le manifestazioni fisiche e comportamentali – non relative a cambiamenti puramente genici (alternanza delle basi nella molecola del DNA, che salvo eventi accidentali, tipo radiazioni, resta invariato nel corso dell’esistenza. Sono processi che coinvolgono i telomeri, ovvero i cappucci dei cromosomi, la minore o maggiore densità della cromatina, ovvero la fibra che si forma dall’impacchettamento dei filamenti di DNA, orientamento magnetico, radiazioni solari e terrestri, forza del pensiero. Molto complicato a livello molecolare – chimico.

Mettiamola in termini semplici, magari commetterò qualche inesattezza, ma per me le cose stanno così: abbiamo una parte del DNA che definisce i nostri caratteri fisici e alcune caratteristiche portanti della nostra personalità (questo 3%) e poi ne resta il 97% che, non si è capito ancora bene come, è responsabile del nostro sviluppo, del nostro integrarsi con il mondo circostante. Questo 97% è in qualche modo potenzialità silente che si attiva a seconda degli stimoli ambientali, dell’educazione, delle interazioni e relazioni con gli altri, dell’apprendimento, dei condizionamenti riflessi, delle radiazioni cosmiche, del nostro modo di percepirci come singolo e come popolo, dell’energia psichica (che esiste al pari della luce ultravioletta, degli infrarossi, degli ultrasuoni) che siamo in grado di direzionare con il nostro pensiero, etc etc..
È il modo in cui la natura ci permette di adattarci, sopravvivere, rispondere ai cambiamenti o esprimere il nostro genio (che sarà un caso ma ha la stessa radice di “geni”).

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Pensate ad un cane. Per insegnarli alcune regole ci impiegate molto. In presenza di bambini, bastano pochi avvertimenti, e subito intuiscono che si tratta di qualcosa di prezioso da difendere – è qualcosa di innato. O meglio è il frutto di millenni di bastonate, di rimproveri nel rapporto uomo-cane. Nella nostra prospettiva è un comportamento tramandato di generazione in generazione e presente in maniera potente (per via delle bastonate) in quel 97% di DNA (se la percentuale è la stessa per i cani, non so) e che si attiva quasi immediatamente e si manifesta nel comportamento di non belligeranza del cane verso i bambini.

La metterò in termini ancora più romantici e meno scientifici. Quante volte vi è capitato di fare qualcosa di nuovo e trovarlo del tutto naturale, o d’altra parte di trovare l’apprendimento di alcune abilità tremendamente ostico per quanto possiate applicarvici? Voglio sostenere che se trovate gratificazione immediata nel – tiro a casaccio – raccogliere le olive, stare bene di fronte al mare e così via, probabilmente avevate degli antenati marinai o ulivi cultori che modifica dopo modifica, generazione dopo generazione, hanno combinato il giusto set genico per tramandarvelo in quel 97% di DNA inespresso.

Per non portarla per le lunghe: che sangue scorre nelle vene dei popoli del Sud? Chi sono i nostri antenati, quali potenzialità silenti ci hanno trasmesso mezzo DNA? Conoscere e valorizzare la nostra storia può aiutarci a capire chi siamo o cosa realmente vogliamo?

Mi piace pensare che nel mio sistema circolatorio che raggiunge ogni mia cellula scorre, tramandato nei geni, il sangue di:

marinai, gente di mare, gente aperta ai cambiamenti e alle mille influenze, gente dell’accoglienza, dell’ospitalità e dell’inclusione;

sciamani dei deserti, monaci laboriosi, eremiti delle grotte, guardiani dei fari, briganti contro le ingiustizie;

gente innamorata della terra, fieri contadini – in grado di mescolare semi, acqua, terra e sole e produrne capolavori per il nutrimento – allevatori e pastori erranti, alchimisti del grano, del latte, dell’olio e dell’uva;

spietratori ostinati sotto il sole rovente, costruttori di muretti a secco, trulli e cattedrali, scavatori di grotte con martello e scalpello, ceramisti;

gente di masserie – piccole comunità autosufficienti, gente di festa di paese, di pizzica e tarantella, di balli forsennati e racconti intorno al fuoco, cuochi della necessità;

I miei antenati sono Diomede, re di Argo, che da guerriero indomito, divenne uomo di mare, creò le isole Tremiti gettando in mare le pietre delle mura di Troia e poi fondò numerose città sulla costa; Taras, figlio di Nettuno, che, 12 secoli prima della nascita di Roma, ha costruito la città di Taranto, che prese il suo nome; gli Spartani che pochi decenni dopo la fondazione di Roma, intorno al 706 a.C. , sbarcarono presso Taras.

Nelle nostre vene scorre il sangue della Magna Grecia, di Pitagora, di Archimede, il sangue misto di Bisanzio, dei saraceni, degli spagnoli, dei normanni, dei messapi, dei lucani, degli slavi (con la loro buona dose di bastardaggine – nessuno me ne voglia) dei Borboni e dei primi partigiani-briganti, scorre insomma il distillato di popoli del Mar Mediterraneo. Ne siamo consapevoli?

Perché queste storie devono essere taciute?

Già sento le obiezioni del neo-sabaudo: e il sangue delle mafie? Eh si c’è anche quello.
Ma sta a ognuno di noi, da quel caleidoscopico calderone del 97% che ci hanno lasciato in eredità, pescarne il meglio.

Primo: onora i tuoi antenati.

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